Volo nel Tramonto
Wednesday, May 14, 2008
Thursday, May 8, 2008
Wednesday, May 7, 2008
IL GIGANTE BUONO "CONSTANTINO RUSPOLI"
RUSPOLI principe di Poggio Suasa Costantino Capitano cpl. cavalleria, 187° rgt. paracadutisti "Folgore"
Comandante di compagnia paracadutisti impiegata come fanteria nella difesa di un importante caposaldo isolato nel deserto, benchèammalato, sosteneva una poderosa preparazione di artiglieria e poi l'attacco di forze corazzate nemiche soverchianti che contrattaccava con indomito coraggio.
Mentre il nemico sorpreso da tanta bravura ripiegava coi suoi carri, non avendo potuto nèsopraffare e neppure fiaccare l'eroica resistenza dei difensori, il prode comandante alla testa della compagnia decimata cadeva nel contrassalto colpito al petto da una raffica di mitragliatrice e trovava ancora la forza di gridare ai suoi uomini "Evviva l'Italia".
Fierissimo comandante ed esemplare soldato contribuiva a formare intorno al nome della Divisione "Folgore" un alone leggendario di gloria.
Deir El Munassib (El Alamein), 26-27 ottobre 1942.
IL GIGANTE BUONO
Lo chiamavano "Il gigante buono". Faceva di tutto per non apparire tale. In Africa aveva appeso una specie di daga, che asseriva provenisse da un tagliatore di teste, ad una cintura che portava a bandoliera, forse per sembrare feroce. Non ci riusciva, come non riusciva a
mimetizzare la sua nobile figura di patrizio romano.
Indossava con noncurante eleganza la divisa di paracadutista ,evidentemente rimaneggiata per contenere la sua muscolosa struttura. Metteva la giacca solo di sera, non si sa se per praticità o per tenere fede ad un certo innato stile.
Ostentava una camicia sbrindellata che rifiutava di far lavare perchègli sembrava un delitto privare un soldato anche di un solo gavettino d'acqua. Ai piedi un paio di scarpe da ginnastica. Dicono che anche in Patria usasse solo quel tipo di scarpe.
Era il capitano Costantino Ruspoli, comandante l'11° comp. del IV° battaglione. La sera del 25 ottobre i resti dell'11° erano radunati nei pressi del Comando.
Fino alle cinque gli inglesi avevano attaccato senza sosta, sperando di poter facilmente sfondare. Mucchi di caduti e tredici carri armati ancora fumanti facevano da cornice al caposaldo. Alle cinque sosta per il tè. O forse erano stufi di prendere batoste. Gli otto ragazzi rimasti erano soddisfatti della loro giornata, soddisfatti quanto lo possono essere ragazzi che hanno visto la morte negli occhi ed i loro camerati sparire nel vortice della battaglia.
Ma i veri soldati sono fatti così. Il piacere della vittoria soffoca ogni altro sentimento. Nascosto dalle prime ombre della notte, era arrivato anche il camioncino del rancio e dell'acqua. Quella sera le razioni sarebbero state abbondanti.
I cucinieri non possono tener conto di quelli che non ci sono più. Erano le nove quando tre razzi illuminarono la scena. Immediatamente la rabbia inglese si riscatenò con inaudita violenza..
I ragazzi, presi alla sprovvista, schizzarono nelle buche. L'autista del camioncino saltò sul mezzo per tentare di portarlo dietro una duna. Non ce la fece, fu centrato in pieno. L'autista perse la vita.
Rivoli di minestra e di acqua correvano sulla sabbia misti a sangue. Il tenente Bonetti, fuori per ispezione , schizzò nel camminamento e franò quasi addosso al capitano Ruspoli, il quale se ne stava tranquillo, seduto su una barella che gli faceva anche da branda, nella stanzetta sotterranea che fungeva da comando, avuta in eredità dal reparto che occupava prima quella zona .
Aveva un quaderno sulle ginocchia e scriveva. Era talmente assorto che quasi non si accorse dell'irruzione del tenente. Dopo un po' gli domandò:"Bonetti, sai sciare? ". Il tenente lo guardò sbalordito. Non si capacitava come, in quell'inferno di granate che piovevano a dirotto, con addosso il dolore per la morte del fratello, con la compagnia ridotta ad un decimo, trovasse opportuno dedicarsi a problemi di ski.
Chiese:"Perchè'".
"Rispondimi, sai sciare? ".
"Si capitano". "Dimmi cosa pensi del telemark e del cristiana.
Vorrei conoscere la tua opinione sul nuovo concetto del peso a valle. Una granata illuminò a giorno la stanzetta.
Era scoppiata vicino ed aveva messo a dura prova il tetto della stanzetta.
Unico commento del capitano:"Sembra di essere sul Carso".
La Sua esperienza gli dettava che contro l'artiglieria non c'è nulla da fare. Se ti becca sei fregato, altrimenti basta starsene al riparo delle schegge. Continuò quindi a parlare di sci.
Ad un certo momento il tiro cominciò ad allungarsi:"Che ore sono, Cucciolo(così usava chiamare il tenente)?".
"Le 22 esatte, Capitano." "Dovremmo esserci ormai". Indossò l'elmetto ed uscì nel camminamento. Sistemò i ragazzi .
Gli inglesi erano a trenta metri circa ed avanzavano facendosi scudo con i corpi dei caduti. Ordinò il lancio delle bombe a mano.
La battaglia infuriò per più di un'ora . I ragazzi avevano a disposizione le munizioni di un intera compagnia e riuscivano a contenere gli attacchi .
Sei sparavano e due ricaricavano i mitra. Ordinò il contrattacco saltando per primo fuori dal camminamento. Una tracciante rossa illuminò la notte .
Costantino, colpito, abbandonò il mitra e cadde all'indietro.
Il volto era sereno, la bocca semiaperta, gli occhi verdi spalancati guardavano in alto e la inseparabile pipa di gesso continuava a fargli compagnia illuminata dalla luce fredda della luna.
Comandante di compagnia paracadutisti impiegata come fanteria nella difesa di un importante caposaldo isolato nel deserto, benchèammalato, sosteneva una poderosa preparazione di artiglieria e poi l'attacco di forze corazzate nemiche soverchianti che contrattaccava con indomito coraggio.
Mentre il nemico sorpreso da tanta bravura ripiegava coi suoi carri, non avendo potuto nèsopraffare e neppure fiaccare l'eroica resistenza dei difensori, il prode comandante alla testa della compagnia decimata cadeva nel contrassalto colpito al petto da una raffica di mitragliatrice e trovava ancora la forza di gridare ai suoi uomini "Evviva l'Italia".
Fierissimo comandante ed esemplare soldato contribuiva a formare intorno al nome della Divisione "Folgore" un alone leggendario di gloria.
Deir El Munassib (El Alamein), 26-27 ottobre 1942.
IL GIGANTE BUONO
Lo chiamavano "Il gigante buono". Faceva di tutto per non apparire tale. In Africa aveva appeso una specie di daga, che asseriva provenisse da un tagliatore di teste, ad una cintura che portava a bandoliera, forse per sembrare feroce. Non ci riusciva, come non riusciva a
mimetizzare la sua nobile figura di patrizio romano.
Indossava con noncurante eleganza la divisa di paracadutista ,evidentemente rimaneggiata per contenere la sua muscolosa struttura. Metteva la giacca solo di sera, non si sa se per praticità o per tenere fede ad un certo innato stile.
Ostentava una camicia sbrindellata che rifiutava di far lavare perchègli sembrava un delitto privare un soldato anche di un solo gavettino d'acqua. Ai piedi un paio di scarpe da ginnastica. Dicono che anche in Patria usasse solo quel tipo di scarpe.
Era il capitano Costantino Ruspoli, comandante l'11° comp. del IV° battaglione. La sera del 25 ottobre i resti dell'11° erano radunati nei pressi del Comando.
Fino alle cinque gli inglesi avevano attaccato senza sosta, sperando di poter facilmente sfondare. Mucchi di caduti e tredici carri armati ancora fumanti facevano da cornice al caposaldo. Alle cinque sosta per il tè. O forse erano stufi di prendere batoste. Gli otto ragazzi rimasti erano soddisfatti della loro giornata, soddisfatti quanto lo possono essere ragazzi che hanno visto la morte negli occhi ed i loro camerati sparire nel vortice della battaglia.
Ma i veri soldati sono fatti così. Il piacere della vittoria soffoca ogni altro sentimento. Nascosto dalle prime ombre della notte, era arrivato anche il camioncino del rancio e dell'acqua. Quella sera le razioni sarebbero state abbondanti.
I cucinieri non possono tener conto di quelli che non ci sono più. Erano le nove quando tre razzi illuminarono la scena. Immediatamente la rabbia inglese si riscatenò con inaudita violenza..
I ragazzi, presi alla sprovvista, schizzarono nelle buche. L'autista del camioncino saltò sul mezzo per tentare di portarlo dietro una duna. Non ce la fece, fu centrato in pieno. L'autista perse la vita.
Rivoli di minestra e di acqua correvano sulla sabbia misti a sangue. Il tenente Bonetti, fuori per ispezione , schizzò nel camminamento e franò quasi addosso al capitano Ruspoli, il quale se ne stava tranquillo, seduto su una barella che gli faceva anche da branda, nella stanzetta sotterranea che fungeva da comando, avuta in eredità dal reparto che occupava prima quella zona .
Aveva un quaderno sulle ginocchia e scriveva. Era talmente assorto che quasi non si accorse dell'irruzione del tenente. Dopo un po' gli domandò:"Bonetti, sai sciare? ". Il tenente lo guardò sbalordito. Non si capacitava come, in quell'inferno di granate che piovevano a dirotto, con addosso il dolore per la morte del fratello, con la compagnia ridotta ad un decimo, trovasse opportuno dedicarsi a problemi di ski.
Chiese:"Perchè'".
"Rispondimi, sai sciare? ".
"Si capitano". "Dimmi cosa pensi del telemark e del cristiana.
Vorrei conoscere la tua opinione sul nuovo concetto del peso a valle. Una granata illuminò a giorno la stanzetta.
Era scoppiata vicino ed aveva messo a dura prova il tetto della stanzetta.
Unico commento del capitano:"Sembra di essere sul Carso".
La Sua esperienza gli dettava che contro l'artiglieria non c'è nulla da fare. Se ti becca sei fregato, altrimenti basta starsene al riparo delle schegge. Continuò quindi a parlare di sci.
Ad un certo momento il tiro cominciò ad allungarsi:"Che ore sono, Cucciolo(così usava chiamare il tenente)?".
"Le 22 esatte, Capitano." "Dovremmo esserci ormai". Indossò l'elmetto ed uscì nel camminamento. Sistemò i ragazzi .
Gli inglesi erano a trenta metri circa ed avanzavano facendosi scudo con i corpi dei caduti. Ordinò il lancio delle bombe a mano.
La battaglia infuriò per più di un'ora . I ragazzi avevano a disposizione le munizioni di un intera compagnia e riuscivano a contenere gli attacchi .
Sei sparavano e due ricaricavano i mitra. Ordinò il contrattacco saltando per primo fuori dal camminamento. Una tracciante rossa illuminò la notte .
Costantino, colpito, abbandonò il mitra e cadde all'indietro.
Il volto era sereno, la bocca semiaperta, gli occhi verdi spalancati guardavano in alto e la inseparabile pipa di gesso continuava a fargli compagnia illuminata dalla luce fredda della luna.
Tuesday, May 6, 2008
Thursday, May 1, 2008
Lancio con il paracadute di Leonardo Da Vinci
vizzera: Si lancia con il Paracadute di Leonardo da Vinci
Si lancia col paracadute di Leonardo
PAYERNE, Svizzera -- Si è lanciato da 650 metri d'altezza con un paracadute del 1500, pensato niente meno che da Leonardo da Vinci. Uno svizzero di 36 anni del Canton Ticino ha realizzato un progetto del genio fiorentino, e poi l'ha testato personalmente.
La prova del particolare kite si è svolta all'aeroporto militare di Payerne, nella Svizzera del Canton Ticino. Olivier Vietti-Teppa, un appassionato paracadutista sportivo di 36 anni, si è lanciato nel vuoto dall'altezza di 650 metri.
Ha planato nel vuoto con un paracadute a forma triangolare, il cui progetto era stato ideato niente meno che da Leonardo da Vinci tra la fine del 1400 e l'inizio del 1500. Anche questa volta il genio fiorentino aveva avuto una giusta intuizione: il mezzo ha planato perfettamente.
"Sono atterrato nel centro della pista - ha detto Vietti-Teppa - è stato impeccabile".
Valentina d'Angella
Pubblicato da Basco Grigioverde a 10.25
Si lancia col paracadute di Leonardo
PAYERNE, Svizzera -- Si è lanciato da 650 metri d'altezza con un paracadute del 1500, pensato niente meno che da Leonardo da Vinci. Uno svizzero di 36 anni del Canton Ticino ha realizzato un progetto del genio fiorentino, e poi l'ha testato personalmente.
La prova del particolare kite si è svolta all'aeroporto militare di Payerne, nella Svizzera del Canton Ticino. Olivier Vietti-Teppa, un appassionato paracadutista sportivo di 36 anni, si è lanciato nel vuoto dall'altezza di 650 metri.
Ha planato nel vuoto con un paracadute a forma triangolare, il cui progetto era stato ideato niente meno che da Leonardo da Vinci tra la fine del 1400 e l'inizio del 1500. Anche questa volta il genio fiorentino aveva avuto una giusta intuizione: il mezzo ha planato perfettamente.
"Sono atterrato nel centro della pista - ha detto Vietti-Teppa - è stato impeccabile".
Valentina d'Angella
Pubblicato da Basco Grigioverde a 10.25
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