Volo nel Tramonto
Wednesday, July 30, 2008
Bud Spencer vola sempre più in alto
Bud Spencer vola sempre più in alto
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Intervista all' attore pilota nato con la camicia.
Un nome così non passa di certo inosservato. Un icona per intere generazioni di ragazzi e non, che dietro la sua immagine di gigante buono si divertono a ridere e a gioire al suono delle sue scazzottate. Il cinema fa di lui un grande personaggio ma non è la sua unica passione. Carlo Pedersoli in arte Bud Spencer si racconta in un’intervista al nostro giornale e ci svela i particolari di un’altra sua grande passione, il volo. Carlo come nasce la sua passione per il volo? “La mia passione nasce durante le riprese di Più Forte Ragazzi (film girato nel 1972 regia di C. Colizzi), in questo film interpretavo la parte di Salud e mi trovavo a volare su diversi aerei come il Dc3 il Catalina ed un Cessa 172. Proprio su quest’ultimo girammo diverse scene del film viaggiando in giro per tutta la Colombia con un macchina al seguito predisposta con un camera-car. Nelle riprese in volo ai comandi dell’aereo c’era un pilota “vero” che indossava una parrucca per imitarmi. Molto spesso però, capitava che durante le trasferte questo pilota mi lasciava i comandi ed io non ero ancora brevettato. Questo fù la molla che mi spinse un giorno nella località di Santa Marta a tentare qualcosa di molto pericoloso. Infatti, al mattino presto prima delle riprese rubai letteralmente l’aereo alzandomi in volo senza pilota. Carlo Colizzi regista del film iniziò ad urlare, “ecco abbiamo finito le riprese del film”, ma non andò così perché qualche minuto dopo terminavo il mio volo con un atterraggio su una pista battutta di 3 km con numerosi saltelli e senza danni all’aereo. Da quel giorno tutti mi dissero che se non prendevo il brevetto sarei rimasto un pilota mancato. Decisi così di brevettarmi e iniziò così la mia avventura nel mondo del volo. Nelle scene dei suoi film le è mai capitato di essere realmente ai comandi del suo velivolo? “Sì è capitato ricordo in particolare alcune scene del film Miamy Supercops in cui pilotavo un Bell.206 e insegnavo a volare in una scuola di volo. Ma sicuramente l’ho fatto anche in altri film. Quante ore di volo ha all’attivo? Ci risponde con voce decisa.“Ad oggi ho duemilaquattrocento ore di volo. Nello specifico ho effettuato mille ore su velivoli ad elica e mille su velivoli a jet con quattrocento ore su elicottero. - Nella sua vita ha coltivato molte passioni tra le quali sappiamo esserci anche il nuoto. Lei è stato campione Italiano e il primo a scendere sotto il muro del minuto nei cento metri stile libero. Con questo spirito oggi le piacerebbe effettuare un record anche nel mondo del volo? “Bé diciamo che in alcuni casi ho fatto delle esperienze particolari anche in questo settore. Ricordo ad esempio un volo fatto nel nell’89 con partenza da Wikita nel Kansas ai comandi di un King Air insieme ad un mio amico. Abbiamo impostato la rotta fino ad arrivare a GooseBay. Da lì abbiamo fatto il grande salto dirigendo verso l’Europa, un esperienza che ricordo con piacere. Ricordo ancora che affrrontai quest’avventura dicendo a mia moglie che sarei rimasto fuori per qualche giorno. Si è mai trovato a gestire delle emergenze durante uno dei suoi voli? Eh! si ero in decollo dall’aeroporto dell’Urbe a Roma con un Beech Baron nuovo di zecca. Dopo pochi minuti mi trovavo in fase di salita e avevo del fumo in cabina. Ormai sorvolavo la capitale e visto il Tevere pensai eventualmente di ammarare. I parametri però, al contrario di quanto pensavo non segnalavano anomalie e capii che il problema erano i carrelli. Infatti dopo il decollo non erano stati frenati e una volta rientrati continuavano a girare impattando sulle paratie. Quindi decisi di riaprirli per raffreddarli e così il problema cessò. Ma la sua passione si è spinta fino alla creazione di una compagnia di aero-taxy che sappiamo chiamarsi Air-Capitol complimenti! “Sì ad oggi l’Air Capitol non c’è più, ma tutto quello che è rimasto sull’aeroporto dell’Urbe è stato fatto da me, sa ci vorrebbe un giorno per incontrarci e parlare di questa esperienza!”. -Bè possiamo dire a questo punto che il volo oltre ad essere un mondo affascinante, per addetti ai lavori e non, appassiona anche i personaggi famosi che volano e ci raccontano delle loro personali avventure. A presto!
Articolo scritto da:
Simone D'Ascenzi
Saturday, July 26, 2008
Future Combat Uniform US ARMY 2025?
Future Combat Uniform
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Staff Sgt. Raul Lopez models a conceptual version of an Army Soldier's uniform in the year 2025.
Official U.S. Army Photo
Dec 13 2004
By Sgt. Lorie Jewell
ORLANDO, FL -- Dressed in black from head to toe and wearing a helmet that allows barely a glimpse of his face, Staff Sgt. Raul Lopez looked like something out of a science fiction thriller.
Lopez, an infantry Soldier stationed at the Natick Soldier Center in Massachusetts, spent four days in what could be the Army uniform of the future at the 24th Army Science Conference, explaining the technology behind it.
The black fabric of the form-fitting suit would be made through the wonder of nanotechnology, which involves manipulating atoms and molecules to create things at the nanometer scale. That’s about 50,000 times smaller than the diameter of a strand of hair. Soldiers wearing the suit would have the ability to blend into any environment, like a chameleon.
The helmet is the main hub of the uniform, where “all of the action happens,” Lopez said. A tiny video camera in front provides 360-degree situational awareness. A series of sensors inside give the Soldier three-dimensional audiological hearing and the ability to amplify specific sounds, while lowering the volume of others.
Complete voice translation is also provided, for what the Soldier hears and what he or she says. Night vision sensors, minimized to the size of pencil erasers, are also in the helmet. Maps and other situational awareness information are projected on the inside of the visor, while everything the Soldier sees and hears is sent in real time up to higher headquarters.
“It’s all voice activated,” Lopez said. “I can tell it to show me where my buddies are, and it projects it on the visor.”
Virtual reality technology would also play a part in helping the Soldier navigate an environment by projecting maps on the ground surrounding him or her.
Sensors detect threat, provide treatment
Thermal sensors weaved into the fabric of the uniform control its temperature, based on the Soldier’s environment. An on-board respirator, tethered to the Soldier’s back, provides a continuous supply of fresh air – eliminating the need for a protective mask. Should the Soldier have the visor up, or the helmet off, and breath in some kind of harmful agent, the uniform sensor will immediately detect it, release tiny embedded capsules to counter it and inject treatment into the Soldier’s body.
From the waist down, a skeletal system allows the Soldier to carry two or three times his or her body weight, feeling only the weight of their own body through the technology of an XO muscle, which augments a Soldier’s strength.
Wearing the futuristic suit doesn’t make Lopez feel like a science fiction superhero, or invincible.
“It’s just conceptual right now,” he said, smiling.
Liquid armor protection
The uniform might be made out of fabric treated with another technology featured in the conference’s exhibit hall, shear thickening fluid. Unofficially referred to by some as liquid body armor, STF is made of equal parts polyethylene glycol – an inert, non-toxic thickening agent used in a variety of common products, like some ice creams – and miniscule glass particles, said Eric Wetzel, who heads the STF project team in the Weapons and Materials Research Directorate of the U.S. Army Research Laboratory.
In a small glass vial, the light blue liquid is easily stirred with a small plastic stick – as long as the stick is moving in slow, easy motion. When sudden, rapid or forceful motion is applied, the liquid instantly hardens, preventing any movement.
“When the movement is slow, the glass particles can flow around each other,” Wetzel explained. “But when the movement is fast, the particles bump into each other, preventing any flow of movement.”
STF has been applied to regular Kevlar material, Wetzel said. The fabric’s texture doesn’t change; it looks and feels the same as if it hadn’t been treated. Using a test swatch of four layers of untreated Kevlar – the normal thickness of body armor – Wetzel is able to stab an ice pick through the fabric. But when stabbing a treated section of fabric with all the force he can muster, the ice pick dents the fabric but can’t penetrate through.
Research is being done into whether STF can be of use to the Army, Wetzel said. If it is, Soldiers may start getting gear treated with it in about two years, he added.
New Army Parachute Coming Soon in US ?
New Army Parachute Coming Soon in US ?
From Army News Service, for About.com
New Army Parachute Coming Soon
Filed In:
1. Weapons
2. > Army Weapons
The Advanced Tactical Parachute System.
Official U.S. Army Photo
Parachute Regiment Afghanistan Army Military Police Army Parachute Jump Army Jeep
Dec 15 2003
By Pfc. Eliamar Castanon
FORT BENNING, GA -- Airborne Soldiers should expect to see a new parachute system in the next few years that will replace the T-10 model that has been in use since the 1950s.
The Advanced Tactical Parachute System is expected to decrease the landing impact velocity for jumpers, provide a more reliable reserve system than the Modified Improved Reserve Parachute System of the T-10 and improve the harness.
"We were looking for a parachute that will lower the rate of descent and lessen the impact with the hopes and expectations that this would result in a reduction in injuries," said Joe Jones, combat development specialist with the Directorate of Combat Developments.
Rate of descent is the speed at which jumpers fall to the ground.
The T-10 has been modified a number of times but has reached the limits of its growth. A new approach had to be taken, Jones said, resulting in an entirely different design.
The ATPS canopy is not circular in shape, as the T-10 is. It is a highly modified cross-shaped canopy with an inflated diameter 14 percent greater than that of the T-10, with 28 percent more surface area.
The reserve unit is a cone-shaped, center-pull deployment system. It includes apex scoop pockets at the top of the canopy and skirt assist lines at the system's hem to promote fast opening during low-speed malfunctions.
The main container bag is made of Cordura, an abrasion- and water-resistant fabric.
Both the ATPS main and reserve canopies are made of low-porosity ripstop nylon with Teflon-coated suspension lines.
The entire system weighs 51.2 pounds, compared to the T-10's 44 pounds.
The 14-percent weight increase earns jumpers a 25-percent reduction in rate of descent. The T-10's rate of descent is 22 to 24 feet per second, causing a strong landing impact. The ATPS' rate of descent is 16 feet per second, reducing the landing impact by 53 percent.
The T-10 parachute system was designed when the total weight of a jumper and equipment averaged 300 pounds.
During Operation Just Cause, more than 4 percent of Soldiers from the 2nd Battalion, 75th Ranger Regiment, suffered jump-related injuries - 28 Rangers and their equipment weighed between 350 and 435 pounds.
"The T-10 was originally intended for jumpers who didn't weigh what Soldiers weigh today and wasn't intended to carry the loads that Soldiers carry today," Jones said.
Other advantages of ATPS are the reserve system and the harness, said Jones. The ATPS reserve offers improved reliability, he said.
"The ATPS has a reliability of .95, compared to the .75 to .80 of the T-10," he said.
The reserve is also equipped with enhanced deployment techniques, which equal low opening shocks. It may be deployed using either hand, offers a soft loop closure and has a rate of descent of approximately 26 feet per second with low oscillation.
The biggest advantage in the improvements of the harness is the attaching point of the reserve parachute system, said Jones.
When a T-10 reserve is activated, the opening forces are located in the waist area; essentially, this bows the jumper, he said. ATPS reserve risers connect to the harness in the shoulder area. Now when the reserve canopy opens, the opening forces are passed down through the long axes of the body, minimizing the bow effect.
The harness is also fully adjustable and is compatible with the current and future battlefield equipment.
The T-10 and ATPS are mass tactical parachute canopies, meaning they are not steerable. Because these are not steerable, distribution is managed by exit sequences and timing, aircraft altitude and speed, wind and canopy drift characteristics, Jones said.
Because ATPS is not a steerable parachute, test developers are still trying to increase the obstacle avoidance variable while in the sky or on the ground, said Maj. Jason Craft, assistant program manager of personal airdrop systems at the Natick Research Laboratories in Natick, Mass.
"The bottom line is that ATPS reduces jump injuries to airborne Soldiers so they're in better condition to go into combat operations," Craft said.
The ATPS is being tested at Yuma Proving Grounds in Yuma, Ariz., and will be fielded between 2005 and 2006.
Suggested Reading
Sci Fi WeaponsLightweight MLRSArmy Weapons & Equipment
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Somebody tell me what Obama is saying...Interesting Political Quiz.AF officers fell asleep at nuke switch
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FORT BENNING, GA -- Airborne Soldiers should expect to see a new parachute system in the next few years that will replace the T-10 model that has been in use since the 1950s.
The Advanced Tactical Parachute System is expected to decrease the landing impact velocity for jumpers, provide a more reliable reserve system than the Modified Improved Reserve Parachute System of the T-10 and improve the harness.
"We were looking for a parachute that will lower the rate of descent and lessen the impact with the hopes and expectations that this would result in a reduction in injuries," said Joe Jones, combat development specialist with the Directorate of Combat Developments.
Rate of descent is the speed at which jumpers fall to the ground.
The T-10 has been modified a number of times but has reached the limits of its growth. A new approach had to be taken, Jones said, resulting in an entirely different design.
The ATPS canopy is not circular in shape, as the T-10 is. It is a highly modified cross-shaped canopy with an inflated diameter 14 percent greater than that of the T-10, with 28 percent more surface area.
The reserve unit is a cone-shaped, center-pull deployment system. It includes apex scoop pockets at the top of the canopy and skirt assist lines at the system's hem to promote fast opening during low-speed malfunctions.
The main container bag is made of Cordura, an abrasion- and water-resistant fabric.
Both the ATPS main and reserve canopies are made of low-porosity ripstop nylon with Teflon-coated suspension lines.
The entire system weighs 51.2 pounds, compared to the T-10's 44 pounds.
The 14-percent weight increase earns jumpers a 25-percent reduction in rate of descent. The T-10's rate of descent is 22 to 24 feet per second, causing a strong landing impact. The ATPS' rate of descent is 16 feet per second, reducing the landing impact by 53 percent.
The T-10 parachute system was designed when the total weight of a jumper and equipment averaged 300 pounds.
During Operation Just Cause, more than 4 percent of Soldiers from the 2nd Battalion, 75th Ranger Regiment, suffered jump-related injuries - 28 Rangers and their equipment weighed between 350 and 435 pounds.
"The T-10 was originally intended for jumpers who didn't weigh what Soldiers weigh today and wasn't intended to carry the loads that Soldiers carry today," Jones said.
Other advantages of ATPS are the reserve system and the harness, said Jones. The ATPS reserve offers improved reliability, he said.
"The ATPS has a reliability of .95, compared to the .75 to .80 of the T-10," he said.
The reserve is also equipped with enhanced deployment techniques, which equal low opening shocks. It may be deployed using either hand, offers a soft loop closure and has a rate of descent of approximately 26 feet per second with low oscillation.
The biggest advantage in the improvements of the harness is the attaching point of the reserve parachute system, said Jones.
When a T-10 reserve is activated, the opening forces are located in the waist area; essentially, this bows the jumper, he said. ATPS reserve risers connect to the harness in the shoulder area. Now when the reserve canopy opens, the opening forces are passed down through the long axes of the body, minimizing the bow effect.
The harness is also fully adjustable and is compatible with the current and future battlefield equipment.
The T-10 and ATPS are mass tactical parachute canopies, meaning they are not steerable. Because these are not steerable, distribution is managed by exit sequences and timing, aircraft altitude and speed, wind and canopy drift characteristics, Jones said.
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Friday, July 25, 2008
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Wednesday, July 16, 2008
Le Unità della "Folgore"nel 2001
Unità della "Folgore" nel 2001
Trae origine dalla Divisione Paracadutisti costituita il 1° settembre 1941 con i Reggimenti Paracadutisti 1° e 2° - cui si affianca il 3° nel marzo 1942 - ed il Reggimento Artiglieria Paracadutisti. Resosi necessario l'impiego oltremare come unità terrestre, nel luglio 1942 è denominata Divisione di Fanteria "Folgore" (185ª). Le sue unità, di conseguenza, assumono la denominazione di 185°, 186° e 187° Reggimento Fanteria "Folgore" e 185° Reggimento Artiglieria "Folgore". Dal 15 settembre 1942 il 185° Fanteria rimasto in Patria, ceduti due battaglioni al 187°, lascia la "Folgore" e, preso il nome di 185° Reggimento Fanteria "Nembo", diviene il nucleo costitutivo della divisione omonima. La "Folgore", quasi completamente distrutta nel corso di aspri combattimenti in Africa Settentrionale, viene sciolta il 23 novembre 1942.
Il 1° gennaio 1963 si costituisce in Pisa, per trasformazione del preesistente Centro Militare di Paracadutismo (istituito nel 1947), la Brigata Paracadutisti su Comando, 1° Reggimento Paracadutisti, Battaglione Sabotatori Paracadutisti, Compagnia Carabinieri Paracadutisti (Battaglione dal 15 luglio), Batteria Artiglieria da Campagna Paracadutisti (Gruppo dal 1° giugno) e Centro Addestramento Paracadutisti (dal 1° dicembre passa alle dipendenze dell'Ispettorato di Fanteria e Cavalleria). Dal 10 giugno 1967 modifica la denominazione in Brigata Paracadutisti "Folgore".
Con la ristrutturazione dell'Esercito, dal 1° ottobre 1975 l'organico della grande unità è modificato e la "Folgore" comprende Reparto Comando e Trasmissioni, 1° Battaglione Carabinieri Paracadutisti "Tuscania", 2° Battaglione Paracadutisti "Tarquinia", 5° Battaglione Paracadutisti "El Alamein", 9° Battaglione d'Assalto Paracadutisti "Col Moschin", 3° Battaglione Paracadutisti "Poggio Rusco", 185° Gruppo Artiglieria da Campagna Paracadutisti "Viterbo", Battaglione Logistico "Folgore" e reparti minori. Dal gennaio 1983 passa alle dipendenze del Comando Brigata anche la Scuola Militare di Paracadutismo.
Il 1° gennaio 1986 la "Folgore", unitamente alla Brigata "Friuli" ed a reparti di volo dell'Aviazione Leggera dell'Esercito, entra nella Forza di Intervento Rapido (FIR), unità interforze costituita per intervenire con immediatezza contro minacce interessanti l'intero territorio nazionale. La FIR può inoltre fornire aliquote di forze per compiti connessi con la sicurezza internazionale quali la formazioni di un contingente di pace o di una forza di sicurezza. Un Gruppo Tattico Paracadutisti (due Compagnie del 5° Battaglione "El Alamein", una Compagnia del 9° Battaglione "Col Moschin", un nucleo Carabinieri Paracadutisti) e gran parte del Battaglione Logistico "Folgore" fanno parte del contingente "ITALFOR AIRONE" che dal maggio al novembre 1991 effettua in Kurdistan missioni di soccorso umanitario.
Dal 31 maggio 1991 viene inquadrato nella Brigata anche il ricostituito 183° Battaglione Paracadutisti "Nembo" quindi con un nuovo ordinamento assunto dalla Forza Armata, che ripristina il livello reggimentale, la "Folgore" ad iniziare dal 1992 assume gradatamente l'organico su Comando, Reggimenti Paracadutisti 183° "Nembo", 186° e 187° "Folgore", 185° Reggimento Artiglieria Paracadutisti "Folgore", 9° Battaglione d'Assalto Paracadutisti "Col Moschin", 26° Gruppo Squadroni Aviazione Leggera "Giove", Battaglione Logistico "Folgore", Reparto Comando e Trasmmissioni (poi Reparto Comando e Supporti Tattici), Compagnia Genio Guastatori Paracadutisti. La Brigata, ad iniziare dal 25 luglio 1992, fornisce un contingente di forze per partecipare all'operazione "Vespri Siciliani", in concorso al controllo del territorio e di vigilanza di obiettivi particolarmente sensibili, normalmente devoluti alle Forze di Polizia, in particolare nelle provincie di Enna e Messina.
Dal 28 dicembre 1992 al 3 settembre 1993 la "Folgore" è presente nell'operazione "RESTORE HOPE" (Italfor Ibis), in Somalia; per il comportamento tenuto dal personale del Reparto Comando e Supporti Tattici, al Reparto stesso viene tributato un Encomio Solenne dal Capo di Stato Maggiore dell'Esercito. Da allora la Brigata, in veste unitaria o per aliquote, è stata rischierata più volte nei balcani nel quadro delle Missioni IFOR/SFOR e KFOR, della forza di pace FMP in Albania e nella Missione INTERFET a Timor Est.
Dal 1° dicembre 2000 passa alle dipendenze del 1° Comando Forze di Difesa ed assume nei suoi ranghi il 5° battaglione genio guastatori "Bolsena" nel quale confluisce la Compagnia Genio Guastatori Paracadutisti del Reparto Comando e Supporti Tattici.
CAMPAGNE DI GUERRA E FATTI D'ARME
Seconda Guerra Mondiale (1940-43)
- 1942: Africa Settentrionale: Battaglia di Alam el Halfa (Passo del Carro,
Passo del Cammello, Gebel Kalak, Deir Alinda, Manaqir el Daba,
Qaret el Himeimat, Bab el Qattara, Deir el Anaqar, Deep Well,
Battaglia di El Alamein (Deir el Munassib; Qaret el Himeimat).
- 1943: Superstiti della divisione partecipano alle operazioni, inquadrati in altre unità, fino al maggio 1943 in Tunisia.
RICONOSCIMENTI
Encomio Solenne - Tributato dal Capo di SME
"Il Reparto Comando e Supporti Tattici della Brigata "FOLGORE" ha partecipato, inquadrato nel Contingente "ITALFOR IBIS 2", alle operazioni di soccorso a favore della popolazione somala, nel corso delle quali si è prodigato con totale dedizione ed elevata professionalità nell'assolvimento della difficile missione, riuscendo ad assicurare i collegamenti dei reparti all'interno del Contingente e, con la componente genio, le strutture di vitale importanza per la sicurezza delle Unità del Contingente.
Tutto il personale, inoltre, nonostante operasse in uno scenario caratterizzato da gravi difficoltà ambientali ed operative, ha sempre agito fattivamente allo scopo di migliorare le condizioni di vita della popolazione somala. Le numerose azioni di rastrellamento ed i conflitti a fuoco in cui è stato coinvolto il reparto, hanno messo in luce il coraggio, la capacità operativa e la forte motivazione dei propri uomini, il cui operato ha dato lustro all'Esercito Italiano, riscuotendo il plauso delle Autorità nazionali e l'ammirazione dei Contingenti esteri partecipanti all'Operazione". Somalia, 28 dicembre 1992 - 30 settembre 1993. (Al Reparto Comando e Supporti Tattici della Brigata par."Folgore").
Medaglie/onorificenze
Le riconoscenze individuali avute dal personale della Brigata sono:
* 6 Ordini Militari d'Italia
* 62 Medaglie d'Oro al Valor Militare
* 424 Medaglie d'Argento al Valor Militare
* 464 Medaglie di Bronzo al Valor Militare
* 536 Croci di Guerra
COMANDANTI
DIVISIONE PARACADUTISTI (1941-42)
Gen. B. Francesco Sapienza
Gen. B. Enrico Frattini
DIVISIONE DI FANTERIA "FOLGORE" (185a)(1942)
Gen. D. Enrico Frattini
Gen. B. Riccardo Bignami (int.)
BRIGATA PARACADUTISTI (1963-67)
Gen. B. Aldo Magri
Col. Renato Mascaretti
Gen. B. Alberto Li Gobbi
BRIGATA PARACADUTISTI "FOLGORE" (1967)
Gen. B. Alberto Li Gobbi
Gen. B. Ferruccio Brandi
Gen. B. Vitaliano Gambarotta
Gen. B. Tito Salmi
Gen. B. Gaetano Pellegrino
Gen. B. Francesco De Vita
Gen. B. Ambrogio Viviani
Gen. B. Lucio Innecco
Gen. B. Antonio Milani
Gen. B. Aldo Sagnelli
Gen. B. Franco Monticone
Gen. B. Bruno Loi
Gen. B. Bruno Viva
Gen. B. Luigi Cantone
Brig. Gen. Enrico Celentano
Brig. Gen. Pierluigi Torelli
Tuesday, July 15, 2008
9° Reggimento d' Assalto Incursori Paracadutisti
http://corpidelite.info/ColMoschin.html
http://corpidelite.info/ColMoschin.html
Esercito Italiano
9° Reggimento d' Assalto Incursori Paracadutisti
"Col Moschin"
Gli Incursori Paracadutisti del 9° Reggimento d' Assalto "Col Moschin" sono i fieri eredi della tradizione di audacia, patriottismo ed onore di cui i commandos Arditi del Primo Conflitto Mondiale furono precursori. Il Reggimento prende il nome dalla collina Moschin, luogo ove, durante la guerra del '15 -'18, gli Arditi furono protagonisti di uno dei più eccezionali esempi di coraggio del primo conflitto mondiale, difendendo strenuamente le proprie posizioni sotto gli incalzanti assalti dell' invasore austriaco. Il coraggio degli uomini di questo reparto d' élite del Regio Esercito, i quali erano soliti dare l' assalto alle trincee nemiche percorrendo gli ultimi metri che li separavano da queste con un pugnale stretto fra i denti e le bombe alle mani, fu tale che lo stesso Gabriele D'Annunzio, da sempre affascinato dalle imprese militari audaci, vestì la divisa del reparto durante l' occupazione di Fiume del 1920 del quale fu ideatore e comandante. Un così vasto senso del dovere e coraggio non potè non lasciare una traccia indelebile in quella generazione di militari che, a distanza di alcuni anni dal termine della Seconda Guerra Mondiale, tenteranno di dare seguito alla tradizione di arditismo iniziata dai propri precursori.Nel 1952, ex ufficiali degli Arditi diedero segretamente il via alla ricostruzione di un reparto di combattenti specializzati in seno al Centro Militare di Paracadutismo ubicato presso Viterbo. Il nuovo elemento, inquadrato all' interno dela 1ma Compagnia Paracadutisti, avrebbe visto la luce nel settembre dello stesso anno con il nome di Plotone Speciale. Costituito da paracadutisti, i quali venivano addestrati sulla falsariga dei reparti Arditi con la preparazione addizionale ai lanci in acqua ed al nuoto, il Plotone era posto sotto il comando del Tenente Franco Falcone.
Il trasferimento del Plotone presso la Scuola di Fanteria di Cesano, occorso il 20 aprile 1953, coinciderà con la promozione a Compagnia Sabotatori Paracadutisti, al comando del Capitano Edoardo Acconci, forte di due plotoni rispettivamente composti da paracadutisti di leva e Carabinieri. Un primo organico programma addestrativo per i futuri Sabotatori lo si avrà soltanto a partire dal 1954, unitamente all' individuazione di quelli che sarebbero stati i futuri compiti della Compagnia: operazioni di intelligence e sabotaggio in territorio ostile.L' iter addestrativo riservato gli aspiranti, vedeva l' acquisizione delle tecniche di sabotaggio, roccia, l' utilizzo degli sci, il combattimento corpo a corpo, la familiarizzazione con una vastissima gamma di armi e mezzi (carri armati compresi), la creazione di "ponti" radio e l' utilizzo delle relative "maglie", la cartografia, e, per gli elementi valutati maggiormente idonei sul piano psico-fisico, la padronanza di elementi relativi alle incursioni navali da apprendersi presso il GRUPP.ARD.IN. (oggi G.O.I.) del Varignano.
Il 1° giugno 1957 vede il trasferimento dei Sabotatori presso Livorno e, successivamente, nella città di Pisa ed il cambio di nomenclatura in Reparto Sabotatori Paracadutisti, venendo impegnato in esercitazioni volte a saggiare le capacità difensive delle patrie Forze Armate (ai Sabotatori era delegato il ruolo di forza nemica). Nel 1961 il reparto farà ritorno a Livorno ove verrà elevato al grado di Battaglione Sabotatori Paracadutisti, posto alle dipendenze della Brigata Paracadutisti Folgore ed articolato su di un Plotone Comando, una Compagnia Allievi e due Compagnie Operative. Nel 1964, ulteriore impulso verrà fornito alla dottrina operativa del Battaglione per mezzo della qualificazione di operatori in possesso di caratteristche tali da renderli in grado di operare in qualsiasi teatro operativo (precedentemente si era infatti preferito specializzare gli uomini affidando a costoro solamente operazioni inserite nel proprio campo di competenza, ad esempio quello subacqueo o montano). Il 1966 vede il dispiegamento in Alto Adige di un reparto misto al comando di un ufficiale dell' Arma dei Carabinieri costituito da elementi delle forze dell' ordine ed una quarantina di Sabotatori al fine di porre in essere la bonifica di zone sensibili dalla presenza di ordigni esplosivi. Nel corso di tali attività, protrattesi fino al 1970, troveranno la morte i Sabotatori Sotto Tenente Mario di Lecce ed il Sergente Olivo Dordi i quali cadranno nell' esercizio del proprio dovere nell' attentato di Cima Vallone, il quale causerà inoltre il ferimento del Sergente Maggiore Sabotatore Marcello Fagnani.
La sera del 4 novembre 1966, l' intero Battaglione è dispiegato nell' area di Pontedera al fine di porre in essere le operazioni di salvataggio della popolazione civile minacciata dallo straripamento dell' Arno. Il coraggio, il senso del dovere ed il profondo spirito di abnegazione degli operatori tutti contribuiranno al salvataggio di numerose vite umane.
Idroambulanze dei Sabotatori intervengono sul luogo della sciagura aerea della Meloria, la quale vide la perdita di un Hercules C-130 e del suo equipaggio nonchè di numerosi operatori della Brigata Folgore nella giornata del 18 novembre 1971; nel corso delle operazioni di recupero dei caduti perderà la vita il Sergente Maggiore Sabotatore Giannino Caria. Tra il '72 ed il '74 ha luogo il primo cross-training con unità delle forze speciali statunitensi. Nello stesso periodo viene sviluppato il paracadute alare, adottato per primo al mondo proprio dalle unità Sabotatori dell' Esercito Italiano e tuttora largamente impiegato da numerose special forces. Nel 1975 i Sabotatori sono dispiegati sulla tratta ferroviaria Bologna-Arezzo al fine di arginare l' attività terroristica volta al sabotaggio della sicurezza nell' area in questione. La qualità dell' opera posta in essere dai due Gruppi Tattici costiutitisi per l' occasione, è tale da far ben presto decadere la necessità dell' impiego di questi.
Il 26 settembre 1975, il Battaglione viene mutato in 9° Reparto d' Assalto Paracadutisti "Col Moschin " e la qualifica di Sabotatore decade a favore di quella di Incursore. Nel 1995 il Reparto è promosso a Reggimento.
Arditi d' Italia, venire a voi è come entrare nel fuoco , è come penetrare nella fornace ardente, è come respirare lo spirito della fiamma, senza scottarsi, senza consumarsi ( ... )
In una delle vostre medaglie commemorative il combattente all' assalto è rappresentato avvolto dalla vampa , incombustibile come la salamandra della favola, con una bomba in ciascuna mano.
l vostro elemento è l' ardore , la vostra sostanza è l' ardire. Per ciò , se il Carso era un inferno , voi ne eravate i demoni. Se l' Alpe era l' empireo della battaglia, voi ne eravate gli angeli. Creature fiammanti sempre e da per tutto. E ci fu qualche notte d' estate, ci fu qualche notte d' autunno che l' acqua del Piave, al vostro guado , rugghiò come quando immerso il ferro rovente si tempra."
(dalla lettera di Gabriele D' Annunzio agli Arditi di Fiume pubblicata sul quotidiano " La Vedetta d' Italia " del 24 ottobre 1919)
http://corpidelite.info/ColMoschin.html
Esercito Italiano
9° Reggimento d' Assalto Incursori Paracadutisti
"Col Moschin"
Gli Incursori Paracadutisti del 9° Reggimento d' Assalto "Col Moschin" sono i fieri eredi della tradizione di audacia, patriottismo ed onore di cui i commandos Arditi del Primo Conflitto Mondiale furono precursori. Il Reggimento prende il nome dalla collina Moschin, luogo ove, durante la guerra del '15 -'18, gli Arditi furono protagonisti di uno dei più eccezionali esempi di coraggio del primo conflitto mondiale, difendendo strenuamente le proprie posizioni sotto gli incalzanti assalti dell' invasore austriaco. Il coraggio degli uomini di questo reparto d' élite del Regio Esercito, i quali erano soliti dare l' assalto alle trincee nemiche percorrendo gli ultimi metri che li separavano da queste con un pugnale stretto fra i denti e le bombe alle mani, fu tale che lo stesso Gabriele D'Annunzio, da sempre affascinato dalle imprese militari audaci, vestì la divisa del reparto durante l' occupazione di Fiume del 1920 del quale fu ideatore e comandante. Un così vasto senso del dovere e coraggio non potè non lasciare una traccia indelebile in quella generazione di militari che, a distanza di alcuni anni dal termine della Seconda Guerra Mondiale, tenteranno di dare seguito alla tradizione di arditismo iniziata dai propri precursori.Nel 1952, ex ufficiali degli Arditi diedero segretamente il via alla ricostruzione di un reparto di combattenti specializzati in seno al Centro Militare di Paracadutismo ubicato presso Viterbo. Il nuovo elemento, inquadrato all' interno dela 1ma Compagnia Paracadutisti, avrebbe visto la luce nel settembre dello stesso anno con il nome di Plotone Speciale. Costituito da paracadutisti, i quali venivano addestrati sulla falsariga dei reparti Arditi con la preparazione addizionale ai lanci in acqua ed al nuoto, il Plotone era posto sotto il comando del Tenente Franco Falcone.
Il trasferimento del Plotone presso la Scuola di Fanteria di Cesano, occorso il 20 aprile 1953, coinciderà con la promozione a Compagnia Sabotatori Paracadutisti, al comando del Capitano Edoardo Acconci, forte di due plotoni rispettivamente composti da paracadutisti di leva e Carabinieri. Un primo organico programma addestrativo per i futuri Sabotatori lo si avrà soltanto a partire dal 1954, unitamente all' individuazione di quelli che sarebbero stati i futuri compiti della Compagnia: operazioni di intelligence e sabotaggio in territorio ostile.L' iter addestrativo riservato gli aspiranti, vedeva l' acquisizione delle tecniche di sabotaggio, roccia, l' utilizzo degli sci, il combattimento corpo a corpo, la familiarizzazione con una vastissima gamma di armi e mezzi (carri armati compresi), la creazione di "ponti" radio e l' utilizzo delle relative "maglie", la cartografia, e, per gli elementi valutati maggiormente idonei sul piano psico-fisico, la padronanza di elementi relativi alle incursioni navali da apprendersi presso il GRUPP.ARD.IN. (oggi G.O.I.) del Varignano.
Il 1° giugno 1957 vede il trasferimento dei Sabotatori presso Livorno e, successivamente, nella città di Pisa ed il cambio di nomenclatura in Reparto Sabotatori Paracadutisti, venendo impegnato in esercitazioni volte a saggiare le capacità difensive delle patrie Forze Armate (ai Sabotatori era delegato il ruolo di forza nemica). Nel 1961 il reparto farà ritorno a Livorno ove verrà elevato al grado di Battaglione Sabotatori Paracadutisti, posto alle dipendenze della Brigata Paracadutisti Folgore ed articolato su di un Plotone Comando, una Compagnia Allievi e due Compagnie Operative. Nel 1964, ulteriore impulso verrà fornito alla dottrina operativa del Battaglione per mezzo della qualificazione di operatori in possesso di caratteristche tali da renderli in grado di operare in qualsiasi teatro operativo (precedentemente si era infatti preferito specializzare gli uomini affidando a costoro solamente operazioni inserite nel proprio campo di competenza, ad esempio quello subacqueo o montano). Il 1966 vede il dispiegamento in Alto Adige di un reparto misto al comando di un ufficiale dell' Arma dei Carabinieri costituito da elementi delle forze dell' ordine ed una quarantina di Sabotatori al fine di porre in essere la bonifica di zone sensibili dalla presenza di ordigni esplosivi. Nel corso di tali attività, protrattesi fino al 1970, troveranno la morte i Sabotatori Sotto Tenente Mario di Lecce ed il Sergente Olivo Dordi i quali cadranno nell' esercizio del proprio dovere nell' attentato di Cima Vallone, il quale causerà inoltre il ferimento del Sergente Maggiore Sabotatore Marcello Fagnani.
La sera del 4 novembre 1966, l' intero Battaglione è dispiegato nell' area di Pontedera al fine di porre in essere le operazioni di salvataggio della popolazione civile minacciata dallo straripamento dell' Arno. Il coraggio, il senso del dovere ed il profondo spirito di abnegazione degli operatori tutti contribuiranno al salvataggio di numerose vite umane.
Idroambulanze dei Sabotatori intervengono sul luogo della sciagura aerea della Meloria, la quale vide la perdita di un Hercules C-130 e del suo equipaggio nonchè di numerosi operatori della Brigata Folgore nella giornata del 18 novembre 1971; nel corso delle operazioni di recupero dei caduti perderà la vita il Sergente Maggiore Sabotatore Giannino Caria. Tra il '72 ed il '74 ha luogo il primo cross-training con unità delle forze speciali statunitensi. Nello stesso periodo viene sviluppato il paracadute alare, adottato per primo al mondo proprio dalle unità Sabotatori dell' Esercito Italiano e tuttora largamente impiegato da numerose special forces. Nel 1975 i Sabotatori sono dispiegati sulla tratta ferroviaria Bologna-Arezzo al fine di arginare l' attività terroristica volta al sabotaggio della sicurezza nell' area in questione. La qualità dell' opera posta in essere dai due Gruppi Tattici costiutitisi per l' occasione, è tale da far ben presto decadere la necessità dell' impiego di questi.
Il 26 settembre 1975, il Battaglione viene mutato in 9° Reparto d' Assalto Paracadutisti "Col Moschin " e la qualifica di Sabotatore decade a favore di quella di Incursore. Nel 1995 il Reparto è promosso a Reggimento.
Arditi d' Italia, venire a voi è come entrare nel fuoco , è come penetrare nella fornace ardente, è come respirare lo spirito della fiamma, senza scottarsi, senza consumarsi ( ... )
In una delle vostre medaglie commemorative il combattente all' assalto è rappresentato avvolto dalla vampa , incombustibile come la salamandra della favola, con una bomba in ciascuna mano.
l vostro elemento è l' ardore , la vostra sostanza è l' ardire. Per ciò , se il Carso era un inferno , voi ne eravate i demoni. Se l' Alpe era l' empireo della battaglia, voi ne eravate gli angeli. Creature fiammanti sempre e da per tutto. E ci fu qualche notte d' estate, ci fu qualche notte d' autunno che l' acqua del Piave, al vostro guado , rugghiò come quando immerso il ferro rovente si tempra."
(dalla lettera di Gabriele D' Annunzio agli Arditi di Fiume pubblicata sul quotidiano " La Vedetta d' Italia " del 24 ottobre 1919)
Monday, July 7, 2008
Aeritalia G222 Aeritalia G222
Aeritalia G222
L'origine del velivolo da trasporto tattico Aeritalia G222 si può far risalire al 1962, quale risposta ad una specifica NATO per un aereo di tipo V/STOL. Nessuna delle diverse proposte concepite a quel tempo fu realizzata, ma il progettto Fiat G222 era abbastanza promettente per assicurare un finanziamento aggiuntivo da parte dell'aeronautica italiana per la prosecuzione dello sviluppo, anche se in una forma più convenzionale. Ciononostante, fu soltanto nel 1968 che venne dato il benestare per la costruzione di un paio di prototipi e di un esemplare statico per sperimentazione; in seguito nacquero ulteriori esitazioni, dovute in gran parte all'indecisione dell'autorità politica ed ai ritardi nei finanziamenti, nonchè al cambiamento della casa madre da Fiat ad Aeritalia. Tali circostanze comportarono dei ritardi nella realizzazione del primo prototipo, che potè effettuare il suo primo volo solamente il 18 luglio 1970. Le successive prove valutative sul primo prototipo e su un secondo portarono nell'agosto del 1972 ad un ordinativo di 44 velivoli, ma quando, il 23 dicembre 1975, volò il primo prototipo di serie, erano già state apportate nuove variazioni al progetto per dotarlo di motori più potenti.
I primi velivoli di serie consegnati all'aeronautica militare italiana furono destinati ad integrare nel compito di trasporto aereo i Lockheed C-130H Hercules. In alternativa ad un carico utile di 9000 Kg, l'aereo può trasportare 53 persone o 44 paracadutisti.
Aeritalia G222 notare i paracadutisti in fase di aviolancio Più recentemente, il G222 è stato posto in vendita con motori Allison T56 che con motori Rolls-Royce Tyne, e l'aviazione libica ne ha ordinati 20 esemplari con motori del secondo tipo. L'Aeritalia ha anche intrapreso studi per l'impiego dell'aereo in diversi altri compiti, quali il pattugliamento marittimo/guerra antisom, il lancio e il controllo di bersagli radioguidati, la calibrazione degli impianti radio e radar. Un prototipo di quest'ultima versione ha volato con la designazione G222 RM (Radio Misure), mentre la versione G222 VS, che ha volato la prima volta nel marzo del 1978, è specifica per il compito di contromisure elettroniche.
FOTO 1 FOTO 2 FOTO 3 FOTO 4
FOTO 5 FOTO 6 FOTO 7 FOTO 8
CARATTERISTICHE AERITALIA G222
TIPO : Aereo da trasporto tattico
SISTEMA PROPULSORE : 2 turboeliche GENERAL ELECTRIC T64-GE-P4D di costruzione Fiat, da 3400 hp
PRESTAZIONI : Velocità di crociera 439 km/h a 6000 m
Tangenza operativa 7620 m
Raggio d'azione 1370 km con carico utile massimo di 9000 kg
PESI : A vuoto 15,400 kg
Massimo al decollo 28,000 kg
DIMENSIONI : Apertura alare 28,7 m
Lunghezza 22,7 m
Altezza 9,8 m
Superficie alare 82 metri quadri
Aeritalia G222
Copyright © 1999-2004 Marino Sommaggio
Hosted by ALTERVISTA.ORG
L'origine del velivolo da trasporto tattico Aeritalia G222 si può far risalire al 1962, quale risposta ad una specifica NATO per un aereo di tipo V/STOL. Nessuna delle diverse proposte concepite a quel tempo fu realizzata, ma il progettto Fiat G222 era abbastanza promettente per assicurare un finanziamento aggiuntivo da parte dell'aeronautica italiana per la prosecuzione dello sviluppo, anche se in una forma più convenzionale. Ciononostante, fu soltanto nel 1968 che venne dato il benestare per la costruzione di un paio di prototipi e di un esemplare statico per sperimentazione; in seguito nacquero ulteriori esitazioni, dovute in gran parte all'indecisione dell'autorità politica ed ai ritardi nei finanziamenti, nonchè al cambiamento della casa madre da Fiat ad Aeritalia. Tali circostanze comportarono dei ritardi nella realizzazione del primo prototipo, che potè effettuare il suo primo volo solamente il 18 luglio 1970. Le successive prove valutative sul primo prototipo e su un secondo portarono nell'agosto del 1972 ad un ordinativo di 44 velivoli, ma quando, il 23 dicembre 1975, volò il primo prototipo di serie, erano già state apportate nuove variazioni al progetto per dotarlo di motori più potenti.
I primi velivoli di serie consegnati all'aeronautica militare italiana furono destinati ad integrare nel compito di trasporto aereo i Lockheed C-130H Hercules. In alternativa ad un carico utile di 9000 Kg, l'aereo può trasportare 53 persone o 44 paracadutisti.
Aeritalia G222 notare i paracadutisti in fase di aviolancio Più recentemente, il G222 è stato posto in vendita con motori Allison T56 che con motori Rolls-Royce Tyne, e l'aviazione libica ne ha ordinati 20 esemplari con motori del secondo tipo. L'Aeritalia ha anche intrapreso studi per l'impiego dell'aereo in diversi altri compiti, quali il pattugliamento marittimo/guerra antisom, il lancio e il controllo di bersagli radioguidati, la calibrazione degli impianti radio e radar. Un prototipo di quest'ultima versione ha volato con la designazione G222 RM (Radio Misure), mentre la versione G222 VS, che ha volato la prima volta nel marzo del 1978, è specifica per il compito di contromisure elettroniche.
FOTO 1 FOTO 2 FOTO 3 FOTO 4
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CARATTERISTICHE AERITALIA G222
TIPO : Aereo da trasporto tattico
SISTEMA PROPULSORE : 2 turboeliche GENERAL ELECTRIC T64-GE-P4D di costruzione Fiat, da 3400 hp
PRESTAZIONI : Velocità di crociera 439 km/h a 6000 m
Tangenza operativa 7620 m
Raggio d'azione 1370 km con carico utile massimo di 9000 kg
PESI : A vuoto 15,400 kg
Massimo al decollo 28,000 kg
DIMENSIONI : Apertura alare 28,7 m
Lunghezza 22,7 m
Altezza 9,8 m
Superficie alare 82 metri quadri
Aeritalia G222
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